Note naturalistiche su Valle Sant'Angelo
Il Monumento Naturale Valle Sant’Angelo si presenta come un impervio vallone
attraversato dal fosso S. Angelo, affluente a regime torrentizio del fiume
Sacco. La valle, all’inizio ampia e luminosa, man mano si restringe chiusa da
alte pareti di roccia calcarea che fanno da quinta teatrale ad una natura che
si esibisce in modo spettacolare.
Salendo da Morolo sui versanti esposti a sud si attraversa
una fascia di vegetazione caratterizzata da boschi sempreverdi di matrice
mediterranea, dove il leccio – Quercus ilex - crea la copertura arborea
più fitta con infiltrazioni di specie arbustive tipiche dell’orizzonte
vegetazionale mediterraneo. Come l’esposizione dei versanti cambia
ecco che alle stesse quote la roverella e l’orniello e il carpino nero sostituiscono
il leccio. Alle quote leggermente superiori, nelle zone con maggiori condizioni
di umidità media, compaiono specie più mesofile come il ciliegio e l’acero. Ancor più in alto il faggio si riprende il dominio dello spazio insieme ad
aceri e a qualche sparuto tasso abbarbicato alle pareti rocciose più in ombra.
Man mano che si sale in mezzo ai boschi si incontrano
affioramenti di roccia calcarea erosi e friabili e grandi conoidi di detriti
della stessa roccia che, lentamente quanto inesorabilmente, vengono fagocitati
dalla vegetazione più rustica e resistente come l’orniello e il frugale carpino
nero.
Sono però le pareti rocciose ad attrarre l’attenzione
dell’osservatore. Sulle imponenti falesie ricche di cavità lo scorrimento
dell’acqua superficiale forma talvolta strati di travertino, come nel caso
della bella cascata che possiamo osservare poco prima di arrivare alla grotta
dell’eremo di Sant’Angelo. Tale formazione rocciosa è frutto del
deposito di carbonato di calcio presente nell’acqua combinato all’anidride
carbonica. Laddove sono presenti piccole crepe o fessurazioni cespugli
sempreverdi riescono a sviluppare le loro radici e a crescere su superfici
quasi verticali, come se fossero dei free-climbers vegetali.
Inoltre, il falco lanario – Falco biarmicus, uno dei
rapaci più rari del bacino del mediterraneo, pare che sopravviva su queste
pareti rocciose. E’ invece certa la presenza del falco pellegrino –
Falco peregrinus, che sfrutta le inaccessibili cavità della valle per
costruire il suo nido. Più facile da osservare e da sentire è il rumoroso Corvo
imperiale – Corvus corax. Sul sentiero che sempre più stretto passa
sotto le grandi pareti rocciose, non è infrequente rinvenire gli aculei
dell’istrice – Hystrix cristata, localmente chiamata “spinosa”.
In primavera, lungo la salita che porta all’apice della
valle, è abbastanza normale essere accompagnati dai versi della vocifera
ghiandaia – Garrulus glandarius, dal tubare dei colombacci – Columba
palumbus e da una infinita schiera di passeriformi tipici dei boschi
termofili come la sterpazzolina – Sylvia cantillans, la capinera – Sylvia
atricapilla e l’occhio cotto – Sylvia melanocephala, giusto per
citarne qualcuno.