di Armando Pezzarossa
Morolo - Monti Lepini orientali: 41°38’ 06.26’ N – 13°12’ 13.40’ 430 m/slm circa.
Queste sono le coordinate per localizzare Morolo sulla mappa geografica. Qualcuno potrà pensare che fornire queste indicazioni sia un vezzo, ma posso assicurare che in pochi conoscono questo piccolo e ameno paese. Ebbene, anch’io quando l’ho sentito nominare per la prima volta sono ricorso a Google Earth per localizzarlo e scoprire così l’esistenza di una piccola catena montuosa chiamata Monti Lepini ai cui piedi si sviluppa questo antico borghetto. Con un po’ di retorica verrebbe da dire che è proprio vero che l’Italia non smette mai di stupire. E in particolare l’Italia centrale è quanto mai ricca di realtà che hanno segnato la storia le cui tracce ne potrebbero fare oggi un vanto di straordinaria unicità. Un’Italia poco conosciuta e inaspettata. Fatico a credere che non esista un progetto complessivo per creare delle reti di valorizzazione di tali luoghi, considerato che nelle immediate vicinanze ci sono posti famosi come Fiuggi, Anagni, Alatri ecc.
Detto ciò, scoprire per un caso fortuito queste realtà è stata per me una sorpresa molto piacevole.
Arrivando da Roma o da Napoli si attraversa la piana del frusinate e ci si dirige verso Ovest dove i profili dei Lepini sono facilmente visibili. Passando per la grande pianura dove scorre il fiume Sacco, non ci si può non accorgere di come sia stata totalmente svilita da uno sviluppo industriale e urbano disordinato che oggi ha lasciato degrado e caos. Per molti aspetti sembra di ritrovarsi nelle estreme periferie dei grandi centri urbani della Lombardia o del Veneto. La prima impressione non è sicuramente delle migliori e si resta quantomeno disorientati. Si percepisce una sensazione di abbandono e di mancanza di cura del territorio.
Lasciamoci alle spalle quest’area e continuiamo il nostro cammino verso i Lepini, la cui vista subito rallegra lo sguardo.
I Lepini fanno parte dei Monti Volsci nell’anti-appennino laziale e sono identificabili in due sotto-catene che scorrono parallele in senso longitudinale da Nord a Sud per una trentina di chilometri, dalla fine dei Colli Albani alla valle dell’Amaseno. Le due catene sono a loro volta collegate da valli interne e montagne secondarie.
Il crinale orientale guarda verso l’appennino centrale e si affaccia sulla già citata triste piana del Sacco, mentre quello occidentale guarda verso la piana dell’agro pontino (non meno triste per altri aspetti) e si affaccia direttamente sul Tirreno. Dalle vette più elevate, che raggiungono al massimo un’altitudine di 1536 mt del Monte Semprevisa, si scorge molto bene il blu scuro del mare che delimita la costa distante in linea d’aria meno di venti chilometri. Dalle alture, nelle giornate più limpide, la vista spazia sino al promontorio del Circeo e, ancor più in là, alle Isole Pontine.
Formati in buona parte da roccia calcarea e dolomia della placca abruzzese-laziale, i Lepini presentano importanti fenomeni carsici come doline, grotte e pozzi fra i più interessanti dell’appenino centrale. I versanti si presentano spesso intrecciati fra di loro con estesi altipiani, come quello di Santa Serena, e impervi valloni ricoperti da fitti boschi termofili con specie arboree e arbustive mediterranee e foreste montane umide dell’area atlantica. Il suolo calcareo si caratterizza per una vegetazione erbacea punteggiata da decine di specie di orchidee selvatiche che arricchiscono un quadro vegetazionale variegato ed interessante.
E’ stato sorprendente salire su questi monti e trovare aculei di istrice fra lecci e lentischi e poi all’improvviso esserci ritrovati immersi in buie foreste di latifoglie ricche di funghi e licheni ad immaginare che un manipolo di briganti dai tipici calzari (le ciocie) potesse fare da un momento all’altro la propria comparsa nella nebbia.
Il patrimonio naturale di queste montagne è straordinario e
meriterebbe un’azione di protezione volta ad arricchire il territorio di pari
passo al considerevole patrimonio storico e culturale presente in tutta la
zona.
Sulle prime pendici della catena dei Lepini si sono
sviluppati nei secoli passati, come nel resto dell’Italia centrale, piccoli
borghi di origine medioevale, nati intorno a strutture fortificate e castelli
di cui oggi restano alcune tracce. Per quanto di mia conoscenza l’unico
conservato nella sua quasi totale interezza è il noto Castello Caetani a
Sermoneta sul versante occidentale, a pochi chilometri dal meraviglioso
Giardino di Ninfa e dall’Abazia di Valvisciolo.
Anche Morolo, che insieme a Gorga, Sgurgola, Supino e
Patrica forma la cintura di borghi del versante orientale dei Monti Lepini, è
nato intorno al castello che fu dei Colonna, potente famiglia feudataria il cui
nome dal 1400 ricorre nelle cronache del tempo. Oggi rimane una piccola
porzione della Rocca, restaurata al fine di consolidarne i resti, mentre della
torre annessa ormai restano solo i ruderi, colonizzati da fichi, edere e rovi.
Nei vicoli del paese antico si legge una storia di emigrazione e abbandono che fu comune a tutta la Ciociaria e, più in generale, con differenti sfumature a tutte le aree montane e sub-montane economicamente depresse. Nei ricordi di alcune persone ormai mature, che ho avuto modo di conoscere, compaiono spesso storie di bambini e bambine mandate sulla montagna a governare le greggi, di fatica immensa e di emigrazione per cercare “fortuna” altrove.
L’industrializzazione realizzata negli anni del boom economico attraverso la Cassa del Mezzogiorno che portò in quest’area aziende chimiche, farmaceutiche e automobilistiche (ad es. la Fiat a Cassino), completò lo spopolamento della montagna e poi delle terre basse già in atto dagli inizi del 900. La “cultura della ciminiera” era molto forte in quegli anni e si vedeva soltanto in quel sistema un’alternativa per il progresso socio-economico.
Così, in un mutato quadro economico i paesi della zona, fra cui Morolo, sono andati via via morendo. Passeggiando per i vicoli non si finisce di contare i cartelli “vendesi” che abbondano nella speranza di richiamare qualche improbabile acquirente. Molte nuove case sono invece sorte a macchia d’olio su tutta la piana e ai piedi dell’antico paese, in quella che un tempo era una povera ma florida campagna.
Nonostante le difficoltà, i legami dei morolesi con le proprie tradizioni e la propria storia rimangono forti. Infatti, continuano a perpetuare feste religiose e sagre che tengono vivo quel che rimane del tessuto sociale della comunità.
Morolo conserva ancora parecchi scorci interessanti, soprattutto per chi come me viene dalla città e ritrova una dimensione estremamente umana sia nelle relazioni con gli altri che nell’urbanistica. A Morolo il saluto anche fra sconosciuti è consueto e gli abitanti sono solitamente cordiali e divertenti. Morolo è un posto che trovo autentico, anche da un punto di vista architettonico con i suoi vicoletti impraticabili alle auto, le scalinate, le chiese (quelle aperte), le cappellette votive, i fiori appesi all’esterno delle case, le case abbandonate e i murales che arredano la piazza principale.
In ultimo, ma sicuramente al primo posto fra i motivi d’interesse che ho trovato a Morolo, è la “bottega- rifugio” (mi perdonerà il termine) del signor Bauco. Luigi è un gentile signore, grande camminatore e amante della natura che nella sua bottega ha di fatto costruito un archivio storico del Paese. Conserva infatti una splendida collezione di foto in bianco e nero (che mi ha gentilmente prestato per correlare questo articolo), che va dall’inizio del secolo scorso ai nostri giorni oltre a una collezione di strumenti da lavoro, anche fotografici e tantissime foto di scorci nuovi e antichi di Morolo incastonate in cornici e cornicette dalle più svariate forge costruite per lo più con materiali di recupero. Per non parlare poi dei presepi natalizi costruiti in mille modi e altrettante proporzioni. Ma l’abilità manuale di Luigi non si ferma qui. La bottega ospita un plastico della piazza centrale con la Chiesa di Santa Maria, il Comune con i suoi uffici e la fontana perfettamente ricostruiti. A stupire non è solo la precisione dei dettagli, ma l’idea di montare su sagome in scala le fotografie delle personalità pubbliche del paese, come il sindaco, l’assessore, il postino, l’agente di polizia locale, il parroco... Una sorta di teatro virtuale, dove la vita, soprattutto politica del paese è argutamente osservata e commentata con l’ausilio di cartelli che vengono tolti o aggiunti a seconda del variare della sceneggiatura, ossia della fase politica in corso. Insomma, ogni qualvolta che mi reco a Morolo, scambiare due chiacchere con Luigi nella sua bottega di memorie è veramente un piacere.
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