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kenya tana river
di Lorenzo Marchetti

Kenya: RISALENDO IL TANA RIVER di Lorenzo Marchetti

Il Kenya è un paese straordinario per molti versi, dove convivono pacificamente oltre 50 tra etnie e gruppi culturali diversi. Uno dei pochi luoghi al mondo dove religioni che ovunque si scontrano o soffrono di attriti violenti, offrono, pacificamente affiancate, conforto e spiritualità ad una popolazione eterogenea che non conosce il razzismo. Tutto ciò avviene, non senza difficoltà, povertà e gravi carenze, in un territorio formato da decine di vasti ambienti fra i più diversi e spettacolari del globo, molti dei quali incontaminati e con presenza umana quasi nulla. In Kenya vi si trova tutto ciò che un appassionato di natura possa desiderare, dalla costa marina alla savana, dalle zone acquitrinose agli altopiani, dalle foreste alle cime innevate, deserti, laghi, fiumi, vulcani e tanto altro ancora. Così, anche dopo tanti anni passati ad esplorare questo meraviglioso paese, c’è sempre il tempo di stupirsi, con nuove sensazioni e nuove esperienze. Nel corso quindi di un mio viaggio, un caro amico italiano mi ha offerto la possibilità di una escursione unica, risalire il fiume Tana River dalla sua foce, con una barca con la quale abbiamo percorso ca. 35 miglia indimenticabili.

IL FIUME Tana River  

Il Tana River è uno dei fiumi più importanti dell’Africa equatoriale, il più lungo del Kenya con i suoi oltre 800 km. Nasce alle pendici del Mount Kenya e si getta nell’Oceano Indiano, nella Ungwana Bay. Lungo il suo percorso hanno trovato asilo popolazioni molto diverse tra loro, provenienti anche da luoghi assai lontani, che si sono stabilite nei pressi delle sue rive per via della presenza rassicurante di acqua dolce in tutte le stagioni dell’anno. Tra queste gli Orma (http://en.wikipedia.org/wiki/Orma_people)e i Pokomo) (http://www.tribes.co.uk/countries/kenya/indigenous/pokomo ), che oggi convivono a stretto contatto nella zona della foce, e che abbiamo avuto modo di conoscere anche se in modo purtroppo superficiale. Ma cominciamo dall’inizio...


Kenya Tana River

PRIMO GIORNO


Con il mio amico e compagno di viaggi Luigi, fermi da un paio di giorni a Malindi per riposarci da un emozionante safari di sei giorni nei parchi dello Tsavo Est e Ovest, siamo stati raggiunti da Federico e Laura, persone squisite (ed espertissime!) che vivono ormai da diversi anni in Kenya. Al piccolo gruppo si è aggiunta un’altra amica, Sarah, che lavora a Malindi nel settore turistico, siamo quindi partiti di buon mattino con un Land Cruiser (necessario il 4x4 per alcuni passaggi sulla sabbia). La strada è quella della costa, che risale da Mombasa verso la città-isola araba di Lamu, per poi proseguire a nord verso la Somalia. Asfaltata per un buon tratto, ma con alcune buche con effetto “triangolo delle Bermuda”, siamo giunti al fiume in poco più di un ora e mezza. Da lì parte una buona pista, che attraversa alcuni piccoli villaggi e che arriva fino alle dune che circondano la foce, dove siamo stati accolti in un piccolo ma affascinante lodge, quasi del tutto invisibile perché immerso nell’ambiente, ma dotato di ogni comfort e della tipica calda accoglienza locale, il “Kipini lodge”. Siamo a ridosso della stagione delle piogge, il caldo umido si fa sentire e si ha subito una forte sensazione come di attesa, come se tutta la natura, gli animali e anche gli uomini si stiano preparando a questo momento fondamentale di “periodica rinascita”. Dopo aver ammirato la baia con le lingue sabbiose delle ultime anse del fiume dalle ombreggiate verande dei bungalow del lodge, abbiamo pranzato e ci siamo mossi in auto per un giro nei dintorni, con una visita ad un piccolo villaggio degli Orma, accompagnati da un ragazzo della loro etnia che funge da guida. L’incontro è cordiale, al villaggio quasi solo donne, gli uomini sono tutti impegnati nel condurre il bestiame tra il fiume e gli ultimi distanti pascoli in attesa della rigeneratrice pioggia. 

Al centro della piana, circondata da boscaglia di palme, un folto gruppo di zebre e di topi (Damaliscus lunatus ). Intorno visioni più fugaci di altri mammiferi, tracce evidenti e recenti di elefanti e, costante del nostro viaggio, un numero spettacolare di uccelli, decine e decine di specie. L’ambiente è particolare e vale certamente la visita, ma è lungo la strada che viviamo un momento davvero unico e indimenticabile. In attesa delle piogge le popolazioni locali, soprattutto i pastori con il bestiame, appiccano volontariamente moltissimi incendi. La vegetazione secca brucia con forza e velocità inaudite, e di solito gli incendi si autolimitano, perchè incontrano zone talmente aride da non alimentare più le fiamme. Uno di questi focolai era proprio sul bordo della pista, e con nostra sorpresa numerosissimi uccelli, soprattutto gli stupendi gruccioni purpurei (Merops nubicushttp://en.wikipedia.org/wiki/Northern_Carmine_Bee-eater ), volteggiavano in mezzo e intorno ai fumi catturando i tantissimi insetti in fuga. Uno spettacolo! Ci siamo fermati e abbiamo provato a scattare delle foto che rendessero l’atmosfera, ma tutti gli uccelli erano impegnati in un continuo sfrecciare, in frenesia da cibo, difficilissimi da inquadrare.

Intanto le fiamme, ogni qualvolta raggiungevano un arbusto o una palma, salivano immediate e violentissime fino a 30 metri di altezza, costringendoci a continui spostamenti (a esser sinceri andrebbero chiamate “fughe”...) da un calore insopportabile e pericoloso. Siamo rimasti sul posto per circa mezzora, fino all’apparente esaurirsi dell’incendio, con immagini davvero impressionanti negli occhi e qualcuna anche sul sensore. La sera, tornati al campo, ci siamo goduti il tramonto, una cena di ottima qualità italiana, e abbiamo avuto modo di confrontare le nostre sensazioni intorno al fuoco.


Kenya Tana River

SECONDO GIORNO

The Queen of Africa è il nome della barca che ci porterà lungo il fiume per tutto il giorno. Piatta, stabile. adatta ai fondali bassi a con un fuoribordo da 55 cv, la barca è stata caricata al mattino presto con le provviste, con noi salgono tre ragazzi che si occuperanno amorevolmente del nostro pasto. L’entrata del fiume è maestosa, in contrasto con le piccolissime e insicure piroghe scavate in un solo pezzo dai tronchi di palma, che scorgiamo lungo le rive. C’è un po’ di movimento, qualche pescatore incurante dei coccodrilli fa misero raccolto di pescetti con la classica rete da riva, tirata ai lati con l’aiuto di due bastoni. 

Molto presto però rimaniamo soli, in uno spettacolare scenario di mangrovie e foresta che circondano il fiume su entrambi i lati. Il motore gira tranquillo, e la velocità è minima e costante, navighiamo in favore di marea crescente ma contro la corrente del fiume. Il sole è ancora basso, la luce buona anche se solo una riva ne rimane illuminata; più tardi il tendalino teso sopra le nostre teste si rivelerà davvero prezioso. Fin da subito abbiamo cominciato ad avvistare un numero impressionante di uccelli, con una concentrazione di aquile pescatrici (Haliaeetus vocifer, http://en.wikipedia.org/wiki/African_Fish-eagle ) straordinaria, in pratica una coppia ad ogni ansa. Pur viaggiando e fotografando da tanti anni Luigi ed io non possiamo certo considerarci esperti bird-watcher, fortunatamente ci è venuto in aiuto Federico, preparatissimo, e malgrado ciò ci siamo tutti rammaricati di non aver con noi la “bibbia” (Uccelli del Kenya e del nord della Tanzania). Gli avvistamenti sono davvero straordinari per qualità e quantità, alla fine della giornata abbiamo conteggiato approssimativamente 120 specie, sicuramente per difetto! Nelle foto ho inserito alcuni degli incontri più eclatanti, non ne faccio però una cronaca per non annoiare. Il paesaggio subisce variazioni continue, sulla riva si passa dalla foresta alle mangrovie, dai prati alla sabbia, dal bush ai terreni bruciati dagli incendi di cui ho già parlato. E, come in un percorso naturalistico “ordinato”, ad ogni variazione anche piccola dell’habitat cambiano le specie di uccelli, con le costanti solo delle aquile e degli altrettanto maestosi aironi golia (Ardea goliath, http://it.wikipedia.org/wiki/Ardea_goliath  ), anche loro presenti lungo tutto il percorso a presidiare ciascuno un settore del fiume. Avvistiamo i primi ippopotami, mentre numerosissimi sono i coccodrilli che quando ci avviciniamo scivolano silenziosi nelle acque limacciose, e questa visione ci ricorda e ammonisce che in quelle acque “non si è mai soli”... Le ore passano veloci e il sole è ormai alto quando giungiamo ad una grande spianata; in prossimità di un capanno lasciamo a terra i ragazzi che organizzano il pranzo, non senza provocare il leggero fastidio dell’aquila che utilizzava proprio il tetto del capanno come posatoio. Noi invece proseguiamo ancora per una decina di minuti, il tempo di raggiungere un altro scenario spettacolare rappresentato da centinaia di ippopotami, pressati l’uno sull’altro in gruppi omogenei come non li avevo mai visti prima. La compattezza di tali gruppi ci ha indotto a pensare ad un meccanismo di difesa efficace contro i coccodrilli, che in zona sono davvero enormi. I gruppi non si scompongono neppure al passaggio ravvicinatissimo di una canoa con due pastori, che ben sembravano conoscere il mite comportamento degli ippopotami. E’ tempo di pranzo, la terra ferma sembra ondeggiare un po’ dopo tante ore sull’acqua, e un po’ di riposo senza il rumore del motore è davvero benvenuto. Presto è però ora di tornare, raccogliamo ogni piccola traccia del nostro passaggio e ripartiamo, stavolta in favore di corrente, verso il mare. E’ pomeriggio, l’orario quello in cui i pastori, di ritorno dagli sparuti e secchi pascoli, portano il bestiame all’abbeverata. 

Così vediamo notevoli mandrie di vacche che si avvicinano al fiume, i pastori le anticipano per controllare la presenza di coccodrilli, entrano persino in acqua per primi... A noi non è sembrata un’idea geniale, ma evidentemente si sentono sicuri (e quelli meno sicuri poi non lo raccontano a nessuno...). Il bestiame non entra disordinatamente nel fiume, ma forma lunghe file, tutti i capi vicinissimi alla riva, loro sì che la sanno lunga...  La discesa verso il mare è più veloce in favore di corrente, più difficile rallentare e fermarsi per fotografare il continuo susseguirsi di uccelli lungo le rive e in volo sopra di noi, sterne, limicoli, aironi, falchi e altri rapaci, gruccioni, rondini, cicogne, oche, tessitori e, davvero il caso di dirlo, chi più ne ha più ne metta.  L’arrivo alla foce è spettacolare, si sta formando la luce calda del tramonto e il mare si apre bellissimo davanti a noi; si è alzata una leggera brezza, qualche spruzzo ci bagna piacevolmente e intorno a noi alcune barche di pescatori, i caratteristici dhow (barche arabe a vela latina), si apprestano a muoversi. Scendiamo sulla spiaggia di fronte al lodge, e con una breve camminata raggiungiamo l’unico punto del Kenya dove, per una particolare disposizione geografica della grande baia, si può ammirare il tramonto sul mare (siamo sulla costa est dell’Africa!). Una doccia “vitale” ci attende, poi intorno ad un fuoco con un mix di succo di mango e vino bianco (delizioso ma in grado di stendere un rinoceronte...) e infine una inaspettata quanto graditissima cena a base di squisiti crostacei. Abbiamo ringraziato il cuoco ma soprattutto Laura, che essendo intollerante ai crostacei ci ha lasciato la sua parte di aragosta. Inutile dire che per una compagna di viaggio si fanno questi sacrifici senza fiatare... Non ricordo bene come sono arrivato fino al letto, so che alzando la testa ho creduto per un attimo di poter toccare la via lattea, da quanto era vicina, ma forse ero un po’ stanco...

 

Kenya Tana River

TERZO GIORNO

E’ il momento di ritornare a Malindi, potremmo prendercela comoda ma decidiamo di muoverci in mattinata e di fare una deviazione. Raggiunta la strada asfaltata troviamo un bivio, a sinistra per Mombasa, a destra per Garissa, città nell’interno del Kenya, anch’essa sul Tana River. Una cinquantina di km. (ahimè l’asfalto è durato troppo poco) e raggiungiamo la Tana River Primate National Reserve,  luogo di residenza del red colobus e del crested mangabey, due scimmie rarissime ed in pericolo di estinzione. Alla riserva sono così abituati alle visite di turisti che... devono chiamare il comando centrale a Mombasa per sapere quanto farci pagare di fee d’ingresso e non hanno nemmeno un blocchetto di ricevute! Siamo in effetti oltre il confine del “Kenya turistico”, e qui prendiamo più consapevolezza che anche che gli ultimi due giorni passati sono stati altrettanto “esclusivi”. Superate le difficoltà burocratiche (utilissima Laura che, sempre con modi gentilissimi e pazientissimi, anche solo lasciando intuire che parlava lo Swahili perfettamente faceva guadagnare punti a tutto il gruppo) ci addentriamo in una boscaglia sempre più densa (e umida!) fino a raggiungere di nuovo la Riva del Tana River, ca. 90 km. a monte della foce. Rimaneva un unico piccolo problema... 36 gradi centigradi con umidità intorno al 90%... Qui onestamente si sono avute due posizioni nette: Federico e Luigi hanno alzato le macchine fotografiche a caccia dei simpatici primati che ci svolazzavano intorno sui rami più alti degli alberi, io invece ho alzato... bandiera bianca! Maremma che caldo! o meglio, Tana che caldo! 

Il ritorno sul fuoristrada aperta ai lati ci ha rinfrescato fino ad un provvidenziale autogrill (baracchino di fango e paglia lungo la strada ma, udite udite... con frigorifero e bibite!). A Malindi giusto il tempo di un saluto, Federico e Laura di corsa a godersi i giorni rimanenti della loro vacanza, Sarah un po’ preoccupata per ciò che l’attende in ufficio il giorno successivo ed io e il mio amico Luigi già con il pensiero al volo che di lì a due giorni ci avrebbe riportato in Italia. Però, al contrario di quanto rimpianto dal replicante Roy Batty..., nulla di questi ricordi andrà perso.